Quando a gennaio il Napoli ha sacrificato Kvaratskhelia, facendosi lusingare dalla plurimilionaria offerta del PSG, la rinascita affidato a Conte poteva subire una brusca frenata. Invece, il progetto tecnico-tattico ha continuato a produrre i suoi frutti. Gli azzurri, nel bene e nel male, sono in piena lotta con l’Inter per la conquista dello scudetto, nonostante la partenza del georgiano abbia indubbiamente influito sul gioco, oggi ancora più lineare e organizzato. I partenopei sviluppano dunque un calcio fisico ed ordinato, teso al controllo degli spazi ed alla gestione dei flussi. Insomma, piuttosto che involuta, la squadra appare semplicemente diversa rispetto al modo di manovrare col numero 77 in campo. Al quale era concessa ampia libertà, potendo risolvere ogni partita con una giocata individuale.
Ceduto Khvicha ai parigini, la decisione di sostituirlo solo l’ultimo giorno utile di mercato con Noah Okafor, aveva dato l’impressione che la società volesse rinunciare ad arricchire l’organico con un profilo di primissimo livello. Del resto, lo svizzero sembrava un ripiego, considerando le voci a tratti incontrollate circa il possibile sostituto di Kvara: prima Garnacho, poi Adeyemi; quindi, Saint-Maximin. Nessuno di loro alla fine è sbarcato all’ombra del Vesuvio. Ma il Napoli aveva comunque l’esigenza di occupare, almeno numericamente, lo slot di vice-Neres, nel frattempo promosso tra i titolari. La stessa formula del trasferimento imbastita col Milan – prestito oneroso (1,5 milioni), con diritto di riscatto fissato a 23,5 milioni di euro – lasciava facilmente ipotizzare che l’ex rossonero fosse la classica toppa messa lì per coprire un buco alla meno peggio. E non una scelta ponderata.
Condizione fisica e usi tattici
Contro l’Inter, al posto di Raspadori dal 77’, Okafor si è piazzato a sinistra, nel 4-3-3 ridisegnato da Conte con i cambi, evidenziando dei progressi rispetto all’esordio con l’Udinese. Anche a Como, subentrato nei minuti finali, aveva combinato poco o nulla. D’altronde, era arrivato in condizioni fisiche davvero precarie. Negli ultimi due mesi al Milan aveva fatto praticamente tappezzeria causa infortunio muscolare al polpaccio. Motivo per cui non aveva nemmeno superato le visite mediche al Red Bull Lipsia, che voleva acquistarlo a inizio mercato invernale, rispedendolo poi al mittente come un pacco postale indesiderato. Quindi, gli serviva un po’ di tempo per rimettersi in carreggiata: è risaputo che Conte pretende dai suoi energia ed intensità ogni qual volta vengono chiamati in causa, altrimenti il campo lo vedono col cannocchiale. La cura sembra funzionare, considerando un paio di spunti che si è inventato sulla fascia al cospetto di Dumfries, poco prima che gli azzurri pareggiassero.
Bisogna fare un’altra considerazione: in una squadra dove solamente Lukaku è vicino alla doppia cifra (9 gol), conforta avere in rosa una risorsa offensiva assai duttile. Spendibile sull’esterno, ma all’occorrenza istintivamente portato a muoversi bene pure in area di rigore, con quel fisico da centravanti posizionale. Magari in appoggio allo stesso Big Rom, come faceva con Giroud nel Milan di Pioli. Certo, così toglierebbe ulteriormente spazio a Simeone, a cui sono state concesse veramente le briciole là davanti, e del quale non ha lo spirito da pretoriano, pronto a immolarsi per la causa.
Lecito domandarsi, da qui alla fine della stagione, Okafor si dimostrerà all’altezza? Intanto Conte pare disposto a concedergli del credito. Adesso spetta allo svizzero trovare le giuste motivazioni, convincere l’ambiente partenopeo di non essere un mero ripiego. Chissà che a quel punto la società non decida di riscattarlo e investire su di lui.
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