“È ormai evidente che la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo, che dovrebbe essere una priorità, non viene presa in considerazione dal governo regionale. Per questo motivo, sarebbe fondamentale che il governo centrale intervenga con urgenza, nominando un commissario per la Terra dei Fuochi. La salute e la sicurezza dei cittadini non possono più aspettare”. Così Alessandro Cannavacciuolo, 36 anni di Acerra, tra i promotori del ricorso presentato nel 2013 da 41 cittadini e cinque organizzazioni della Terra dei Fuochi su cui è intervenuta la sentenza della Corte europea dei diritti umani (CEDU), ottenendo una storica sentenza per lo Stato italiano, riconosciuto colpevole di inerzia decennale nella lotta all’inquinamento nella Terra dei Fuochi, che negli anni ha compromesso la salute di migliaia di persone. “Sicuramente è un risultato storico- ha proseguito Cannavacciuolo- ma è anche vero che è un provvedimento emanato in ritardo, perché nel frattempo ci sono state centinaia, se non migliaia, di persone che hanno dovuto subire questa ingiustizia, che non ha fatto altro che portarle alla morte. Per il resto, possiamo dire che la sentenza della Corte ha ridato speranza ad un territorio che era stato abbandonato e violentato da tutti. Ora speriamo che questa sentenza non rimanga solo carta emanata da un Tribunale, ma che segni davvero l’inizio di una nuova era, di una rinascita di un territorio che da anni chiede giustizia”. Cannavacciuolo però teme ancora l’inerzia da parte delle istituzioni: “Due giorni fa- ha raccontato alla Dire- ho assistito al tavolo tecnico convocato dal prefetto di Napoli, Michele Di Bari, al quale erano presenti una serie di istituzioni. Purtroppo in quella occasione ho dovuto ascoltare le parole del vicepresidente della Regione Campania, con la delega all’Ambiente Fulvio Bonavitacola, il quale ha sostenuto che la sentenza si riferisce al passato e non più al presente e che quindi le problematiche che avevamo nel 2013 non sono presenti ad oggi. Negare l’evidenza dei fatti, quando c’è gente che continua a morire, è veramente inaccettabile. Mi sarei aspettato un tavolo dove ci fosse la soluzione ed una programmazione nell’intervenire con le bonifiche. Altrimenti, ci stiamo solo prendendo per i fondelli”.Dopo la sentenza, siete comunque fiduciosi nelle istituzioni? “Noi ora ci aspettiamo l’intervento tempestivo dello Stato- ha risposto l’attivista alla Dire- che deve tutelare veramente la salute dei cittadini. Anche perché noi, ogni volta che andavamo nelle piazze a manifestare e a gridare al mondo intero le ingiustizie che stavamo subendo, siamo stati derisi e accusati di fare allarmismo, di voler danneggiare e distruggere l’economia campana e di voler portare a tutti i costi una nomea, quella della ‘Terra dei Fuochi’. Il nostro territorio, è vero, non è solo ‘Terra dei Fuochi’, è anche ‘Terra Felix’, non lo abbiamo messo mai in dubbio, anzi il nostro atteggiamento di battaglia era rivolto proprio a questo, cioè a cercare di tutelare quello che oggi c’è ancora di buono e chiedere una protezione immediata della salute dei cittadini ed un rilancio del territorio”. Ma se dopo anni di battaglie “e centinaia, anzi migliaia di morti” si vuole ancora cercare di “nascondere la polvere sotto al tappeto, allora veramente non bisogna più credere alle istituzioni”. Anni di battaglie da parte dei cittadini, intanto, ma “nessuno” ha mai pensato di andare via dalla Terra dei Fuochi: “Assolutamente no, qui ci sono le nostre radici e le nostre radici hanno un peso- ha detto Cannavacciuolo- perché noi viviamo in una terra straordinaria. Inoltre riteniamo che ad abbandonare il nostro territorio, senza mai più metterci piede, debbano essere quelli che lo hanno danneggiato. Non è giusto che per colpa loro la nostra terra debba essere etichetta ‘Terra dei Fuochi’ e che noi dobbiamo subire delle ingiustizie che ci portano alla morte”. Ma quale futuro vedete per i vostri figli? “Sono certo che ci sarà un’era di ‘Risorgimento’ per questa terra, perché rispetto a 15 anni fa oggi se ne parla, si sta conoscendo il problema e c’è maggiore consapevolezza, ma c’è ancora molto altro lavoro da fare. Probabilmente la prossima futura generazione dovrà continuare a combattere- ha concluso- se effettivamente non ci sarà una presa di posizione chiara e netta”.È stato (ed è ancora) un percorso lungo, quello affrontato dalla signora Moccia e da sua figlia, che oltre al peso della malattia si sono sentite totalmente abbandonate dalle istituzioni: “Se non fosse stato per l’aiuto anche economico ricevuto dalla mia famiglia e dai miei amici, non so come avrei fatto- ha raccontato ancora la signora Antonietta alla Dire- Nel 2012 ho dovuto prendere una stanza in affitto all’interno dell’ospedale di Salerno, perché mia figlia faceva due radioterapie al giorno, dal lunedì al venerdì, e non potevo fare avanti e indietro da Acerra. Ho potuto farlo solo grazie ai miei amici e ai miei parenti, che ancora ringrazio, mentre le istituzioni non ci sono mai state. Nessuno è venuto a casa mia per chiedermi se avessi bisogno di qualcosa. Mai. E come me tante famiglie”. Ma questa sentenza cambia qualcosa per voi? “Non mi sento vittoriosa, ma sono in parte contenta perché la pronuncia della Corte conferma anche che non ero e non sono ‘pazza’. Spero solo che adesso lo Stato italiano prenda atto di questa sentenza e si dia da fare. Basta con questi tavoli e ‘tavolini’- ha sottolineato la mamma di Miriam- noi vogliamo soltanto azioni concrete: il nostro territorio deve essere bonificato. Questa è la nostra richiesta, perché il nostro territorio è quello che ci dà da vivere. In questi anni le famiglie colpite hanno creato una rete, insieme ad altre mamme abbiamo creato un’associazione che si chiama ‘Le mamme di Miriam’, come mia figlia, diventata il simbolo della lotta”. Dove trovate la forza e il coraggio di andare avanti? “La tenacia sono i nostri figli, che ci danno la forza per non fermarci mai. E adesso ancora di più, perché dobbiamo tenere alta l’asticella. In questi due anni lo Stato deve muoversi- ha concluso- Noi ci faremo sentire sempre”.