Con 9 reti e 7 assist finora le statistiche complessive di Romelu Lukaku non sono affatto disprezzabili. Detto questo, al momento il divario dal punto di vista realizzativo rispetto alle coppie-gol in nerazzurro (Lautaro Martínez e Thuram per l’Inter, Lookman e Retegui all’Atalanta) appare sin troppo evidente, per quello che in estate era stato pensato come il principale terminale offensivo del Napoli di Conte. Ovvio che il contributo del centravanti non si riduce esclusivamente alla pericolosità negli ultimi sedici metri. Da questo punto di vista, un dato interessante è quello riguardante l’apporto garantito da Big Rom nella risalita del pallone.
Nonostante venga aspramente criticato da una fetta consistente di tifosi e addetti ai lavori per la sua attitudine ad abbassarsi, sembra innegabile la tendenza – presumibilmente, su richiesta dell’allenatore – a svuotare l’area di rigore per cucire il gioco sulla trequarti. In generale, gli piace ricevere di spalle. Però il minor coinvolgimento nello sviluppo della manovra toglie un riferimento posizionale alla squadra là davanti. E forse gli sottrae pure un pizzico di lucidità nel capitalizzare le occasioni sotto porta.
Insomma, spesso il belga manca nell’ultimo terzo di campo, dove un muscolare come lui dovrebbe essere una presenza costante. Del resto, quando i compagni esplorano la profondità, comunque piuttosto raramente, il Napoli dimostra immediatamente un peso specifico diverso.
Due occasioni e poco altro
A far storcere il naso ai puristi, anche l’inconsistenza nella fase di non possesso. Plausibile che l’atteggiamento nelle scelte relative al pressing sia indice di un calcio, quello postulato dall’Uomo del Salento, tendenzialmente conservativo. Orientato, cioè, a gestire lo spazio invece di aggredire il portatore. Perciò Lukaku, al contrario per esempio di Retegui o Thuram, non si spende in generose ed intense rincorse all’indietro. Un comportamento che si inserisce all’interno di un preciso progetto tattico. E che, almeno potenzialmente, dovrebbe favorirne pericolosità e continuità realizzativa. Ecco, allora, che il contesto ambientale, alla luce delle difficoltà palesate ultimamente dai partenopei, complica ulteriormente le cose. In tal senso, quella con l’Inter era la giusta opportunità per prendersi la scena. Ed essere all’altezza delle aspettative.
Al di là del fatto che abbia calciato verso Martínez soltanto un paio di volte, il numero undici ha battagliato senza sosta con Acerbi: coraggiosa la lettura che gli consente di smarcarsi (33’) fuori linea dall’ex compagno in nerazzurro e tentare la sontuosa estirada al volo di sinistro, sul lancio col contagiri di Gilmour. Tuttavia, i difensori di Inzaghi sono a proprio agio nel tenerne la marcatura; non a caso, Bastoni lo controlla a vista, murandolo (44’) puntuale come una cartella esattoriale quando Romelu taglia sul cross di Raspadori, a caccia del tap-in a pochi metri dalla porta.
Centrale nel progetto tattico
Di fatto, Lukaku rimane il perno su cui gira l’intera fase offensiva, imprescindibile per nascondere talune amnesie in costruzione del Napoli attuale. Che passando al 3-5-2 ha perso inevitabilmente la spinta propulsiva dei terzini. Rinunciare alle sovrapposizioni di Di Lorenzo e Olivera, profili oltre che tecnicamente elegante coi piedi, dotati di mezzi atletici notevoli, non è affatto agevole.
In definitiva, il centravanti belga ha sicuramente le qualità per dire la sua nella corsa scudetto. Basteranno per supportare il Napoli e continuare a mettere sotto pressione l’Inter capolista? L’unica certezza è che non si dovrà aspettare molto per avere risposte adeguate. Due giorni di meritato riposo e poi il focus sarà tutto sulla Fiorentina.
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