Alla vigilia, NapoliFiorentina era la classica partita che, contrapponendo Conte a Palladino, veniva presentata confezionando uno stereotipo. Ovvero, puntando sulle differenze tra due allenatori con princìpi piuttosto chiari. Di fatto, uno che cerca di controllare gli spazi, magari provando non a segnare un gol più dell’avversario, bensì subirne uno in meno. E l’altro dall’indole indubbiamente “giochista”. Peccato che la durezza della realtà abbia obbligato le squadre ad adattarsi agli eventi, indirizzando le coordinate tattiche del match. Col calcio diretto della Viola funzionale a colmare il gap con gli azzurri, decisamente orientati a sfruttare un gioco maggiormente posizionale.

Viola per gestire gli spazi

Da qualche settima a questa parte i gigliati sono passati alla difesa a tre: struttura che garantisce una certa solidità difensiva, a costo di sacrificare qualcosa nel possesso. Scegliendo di schierare un blocco medio-basso per resistere agli attacchi avversari, grazie all’aggiunta di un altro centrocampista che aumentasse la qualità del palleggio. Paradossalmente, l’indisponibilità di Folorunsho ha facilitato le cose a Palladino: l’ex di turno è la tipica mezzala da strappo, cui piace portar palla, inserendosi con dinamismo, che accompagna l’azione per arrivare alla conclusione. Fagioli, Cataldi e Ndour hanno ben altre caratteristiche. Si tratta di mediani propensi a schermare la retroguardia, nonché gestire il campo in orizzontale, invece di aggredire in avanti per recuperare il pallone.

A causa di queste scelte, i toscani volevano prendersi meno rischi possibili. Pertanto cercavano di esplorare subito la profondità con Kean, deputato a tenere palla e proteggerla, in virtù della sua fisicità. Oppure, eventualmente, sfruttare le seconde palle, per connettere spontaneamente l’ex Juve a Gudmundsson, che si muove sulla trequarti. In alternativa, coinvolgere De Gea, forse più per necessità che sulla scorta di una decisione consapevole, bravo in ogni caso a stimolare col rinvio lungo le incursioni di Dodò e Parisi.

Napoli palleggia e verticalizza

Proprio nella zona nevralgica, volendo favorire la fluidità nella progressione della manovra, Conte non ha rinunciato a Gilmour, affinché si spartisse i compiti con Lobotka, vero leader tecnico degli azzurri. Entrambi, infatti, sono abbastanza mobili, per cui non era raro che si scambiassero la prima costruzione, distribuendo tracce precise. E creando innegabili vantaggi nella risalita dal basso, moltiplicando le linee di uscita, specialmente sul corto.

L’inserimento dello scozzese non deve assolutamente passare sotto traccia, in quanto garantisce un surplus in termini di pulizia tecnica e intelligenza nelle letture. La possibilità di schierare un altro pivote sul centro destra ha aperto nuovi angoli di passaggio e ridotto i tempi di scorrimento del giropalla, sdoganando al contempo McTominay da oneri in fase di possesso. Anche perché Ndour che lo prende a uomo è un riferimento facile da individuare. Nonostante ciò, l’ex Manchester United, come al solito, si avventurava nella trequarti avversaria con lunghe conduzioni in campo aperto.

In questo scenario, a garantire la pericolosità del Napoli provvedeva la rinnovata brillantezza di Raspadori. La pulizia delle sue giocate imprevedibili, associate ai movimenti senza palla di Lukaku, liberavano il centro del campo. Un lavoro simbiotico capace di variare la monotonia dell’attacco partenopeo dal tradizionale scarico sul belga, in posizione di pivot. Effettivamente, Jack ha favorito sia le ricezioni negli “half spaces”, aprendosi e dopo puntando la linea difensiva, che scappando in transizione.

Unico neo, non chiuderla

A fare la differenza però è stato soprattutto l’atteggiamento degli uomini di Conte. Un’energia emotiva che talvolta era mancata in qualche finale convulso. Una volta che la Fiorentina ha accorciato le distanze, non hanno abbassato l’intensità; tantomeno smarrito le distanze tra i reparti, reagendo positivamente al cambio di ritmo imposto dagli ospiti. Al netto del forcing conclusivo dei viola, i padroni di casa sono riusciti a difendersi con ordine fino al triplice fischio, pur se schiacciati all’interno della propria area di rigore. Allora, l’unico (piccolo) neo di una gara altrimenti quasi perfetta, resta l’incapacità del Napoli, in un contesto tutto sommato dominato tatticamente, di chiuderla anzitempo.

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