Gli interventi di Dario Nardella e Roberto Speranza da una parte, insieme alla non opposizione interna di Stefano Bonaccini. Dall’altra un fronte che andrebbe da Romano Prodi a Graziano Delrio, passando per Lorenzo Guerini. Nelle ultime due settimane, dopo l’ormai famosa intervista di Dario Franceschini – quella del “marciamo divisi”, per intenderci – il Partito democratico appare in ebollizione. E se quel ‘casus belli’ poteva (e forse voleva) essere una sponda dell’ex ministro della Cultura ad Elly Schlein per uscire da quel cul-de-sac del ‘testardamente unitari’ senza il M5S di Giuseppe Conte né Italia Viva di Matteo Renzi – tanto che i due hanno fatto più volte riferimento a quelle parole in chiave di apertura – in realtà ha dato l’abbrivio a giorni di turbolenze, più o meno sottotraccia. Fonti dem raccontano all’agenzia Dire come nel mirino di diverse anime del partito sia finita direttamente la conduzione da parte della segretaria. Frizioni che risalirebbero alle scorse europee e ad alcuni consigli non recepiti da Schlein. E che ora hanno un refrain preciso: “Il Pd ormai è diventato solo lei, parla solo lei: nemmeno con Renzi segretario era successa una cosa del genere, anche perché il suo cerchio magico era più forte”, l’accusa. Nostalgia del ‘giglio’? “Lì c’era protagonismo, qui parla solo lei con sempre le stesse quattro parole d’ordine”. Una “conduzione personale” che, raccontano nel partito, avrebbe innervosito in particolare proprio Romano Prodi. Nel mirino di parte del Pd, e non solo del fondatore dell’Ulivo, ci sarebbe proprio il modus operandi della segretaria a livello di rapporti e interlocuzioni: “Non parla con nessuno, va solo in giro per vertenze- lamenta un’altra fonte dem- Che va benissimo, per carità, ma da segretaria del più grande partito di opposizione non puoi limitarti a questo”. Il tema, giurano, non sarebbe quello di attaccare il segretario di turno, ma quello di lanciare un grido d’allarme che viene “da tutti quei mondi a cui il Pd non parla più”. E che sarebbero invece fondamentali per costruire un’alternativa a Giorgia Meloni “che, va detto, in questo momento è fortissima”. Non ci sono, almeno al momento, schieramenti netti e divisi pronti a fare la guerra a Schlein o a entrare in trincea per difenderla. Soprattutto, non sul solco di quanto accaduto al congresso. Ma così, il pronostico della stessa fonte alla Dire, “le elezioni tra due anni non le vinciamo”. Da dove cominciare, quindi, per invertire la rotta? Lo stesso esponente dem ha le idee chiare: le grandi città. “Roma, Milano e Napoli che oggi governiamo andranno tutte al voto insieme alle politiche, e la Meloni sta entrando in tutte le città. Bisogna reagire”.