Con il Napoli in piena lotta per contendere lo scudetto all’Inter, permane la sensazione che in città una parte dei media abbia fretta di puntare il dito contro Antonio Conte. Sembra che per qualcuno decifrarne il futuro sia la questione fondamentale da discutere, mentre altri già gli attribuiscono colpe e responsabilità nella malaugurata ipotesi in cui non vincesse, imputandogli una statistica incontrovertibile. Sono un paio di mesi che la squadra alterna gare assai brillanti (Fiorentina e Milan), ad altre dove subisce un vero supplizio. Cioè, il crollo verticale nei secondi 45’, incapace di mettere in cassaforte e blindare i tre punti. La critica più oltranzista rimarca il solito copione: baricentro abbassato, e qualsiasi velleità di pressare i rivali desolatamente accantonato. In pratica, gli azzurri si fanno schiacciare perché smettono di risalire il campo col palleggio, fidando esclusivamente sul lancio lungo del portiere. Trascurando un piccolo particolare: pure al cospetto della Viola e del Diavolo, nel finale al cardiopalma, il Napoli stava buttando alle ortiche la vittoria. Ma per due terzi di gara ha letteralmente dominato.
Del resto, cosa poteva essere la stagione senza la sconfitta di Como, e conseguente sorpasso in vetta dei nerazzurri? Ma anche le rimonte contro le romane – i gol di Dia all’86′ e Angelino al 92′ -, pesano come un macigno sulla classifica. Questo frustrante modo di pensare si trasmette come un virus all’intero ambiente, con i tifosi costretti ad assistere increduli e arrabbiati alle ombre allungate (inutilmente…) sul gruppo. Nel frattempo, il campionato entra nel suo momento decisivo. A sette partite dalla fine, nonostante i punti persi per strada, il titolo appare comunque possibile. Così, viene da pensare che nemmeno un top coach come il salentino sia al sicuro.
Squadra dal’indole marziale
Conte viene disegnato come un allenatore estremamente pragmatico, che limita al minimo i rischi. Per cui certe scelte sono frutto di un orientamento tattico tutt’altro che estremo. Ovviamente, c’è un altro modo di interpretare il Napoli attuale, che etichettarlo come radicalizzato a favore della difesa posizionale. Ossessionato dal controllo del ritmo, nonché degli spazi sotto palla. I dati delle ultime settimane confermano un pattern ormai chiaro: gli azzurri sono decisamente frizzanti nel primo tempo: e (quasi…) disastrosi nel secondo. Il match col Bologna ha confermato questo trend.
Eppure, non va dimenticata l’efficacia della proposta di gioco orientata sul baricentro medio-basso, associato al lancio su Lukaku. Una strategia che, almeno nei primi tempi, vede la squadra partenopea interpretare la partita a memoria. Lì è possibile assistere alla migliore versione della filosofia contiana. Che si fonda su un grande lavoro preparatorio, funzionale poi allo scarico sul lungo verso il belga, classica giocata del playbook di Conte. Un piano-gara che pretende dai giocatori un dispendio non indifferente, tra intensità fisica elevata e concentrazione mentale di tipo “marziale”.
Orticaria verso i panchinari
C’è un altro fattore che spiega la flessione nei secondi tempi. Una certa mancanza di fiducia nelle scelte compiute in corso d’opera. Chiaro l’approccio di Conte verso i suoi “panchinari”: non c’è alcun ostracismo, però sembra davvero che ci conti poco. Perciò ricorre ai cambi con una evidente ritrosia. Al punto da convertire potenziali risorse aggiuntive in mere comparse, inadeguate a rincorrere un obiettivo così ambizioso. Evanescente il contributo offerto da Ngonge. Non si discute la garra di Simeone; tuttavia, non garantisce altro. E Billing rimane un mezzo oggetto misterioso. Ha trovato la partita della vita, segnando il tap-in del pareggio contro l’Inter. Invero, oggi è Gilmour che ha visto aumentare il minutaggio come plausibile alter-ego di Anguissa.
Insomma, ingaggiare un allenatore col curriculum di Conte non è sinonimo di vittoria, bensì garanzia di competere fino all’ultimo per tentare di raggiungere l’obiettivo. Al di là di come andrà a finire il campionato, l’Uomo del Salento sta gettando le fondamenta per un progetto a medio termine. Finora sta riuscendo nell’intento. Per cui, lasciamolo lavorare in santa pace…
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