Predicare calma e sangue freddo prima di affrontare il Monza non deve essere stato affatto facile per Antonio Conte. Non solo perché partite del genere, il classico testa-coda tra una squadra come il Napoli, che insegue un obiettivo ambizioso e chi, invece, pare avviato mestamente alla retrocessione, nascondono trappole e tranelli disseminati un po’ ovunque. Se non bastavano le assenze degli infortunati Buongiorno e Juan Jesus, per cui il tecnico s’è visto costretto a ridisegnare la difesa, ad alimentare sterili polemiche hanno contribuito sicuramente le dichiarazioni della vigilia. Una presa di posizione forse infelice, se letta in maniera malevola, cioè come un messaggio nemmeno tanto trasversale inviato alla proprietà dall’Uomo del Salento. Peccato che a nessuno, tra opinione pubblica e addetti ai lavori, sia venuto in mente di analizzare il contesto: presumibile che l’allenatore avesse saputo della sopravvenuta indisponibilità anche di Neres, ennesimo colpo in grado di attentare alla sostenibilità del livello prestativo degli azzurri.
Il sospetto allora è che ci sia dell’altro. In primis, l’insufficienza del mercato di gennaio. Il problema non sta tanto nella cessione ormai inevitabile di Kvaratskhelia, bensì nel bilancio sostanzialmente negativo derivante dal prestito di Okafor. Un profilo accettabile come rincalzo a basso costo, ma pur sempre una scommessa, apparentemente già persa. Con l’etichetta di rinforzo per modo di dire, poiché accompagnato dall’asterisco. Comprensibile, dunque, la durezza di certe affermazioni. Insomma, le basi affinché all’U-Power Stadium si realizzasse un cataclisma di proporzioni bibliche c’erano tutte.
Le mosse di Conte
Conte schiera in Brianza il tradizionale 4-3-3, comunque presentabile, seppur con un tasso tecnico inevitabilmente inferiore sull’out sinistro. Perché Spinazzola non dà segni di usura. D’altronde, è un profilo di caratura internazionale, abituato a questo tipo di gare. Nondimeno, rispetto a Neres, interpreta il ruolo di esterno diversamente. Non è ingiocabile nell’uno vs uno. Quindi, ha un impatto meno verticale; maggiormente orientato alla conduzione. Perciò Birindelli lo controlla con disarmante semplicità. Lo stesso Rafa Marín, all’esordio da titolare in Serie A, non preclude il ricorso ai canonici principi mutuati dal calcio contiano, dove la difesa posizionale rimane il principale riferimento in fase di non possesso. Magari l’ex Real Madrid non avrà la faccia cattiva da lacrime e sangue. Al contrario, sembra veicolare la sensazione di incertezza e tensione mentale. Per l’intera settimana si era voluto far credere che potesse essere l’anello debole della catena partenopea. Ma non si lascia sfuggire l’opportunità di dare una piccola frustata alle gerarchie. Ergo, mette una pietra sopra qualsiasi paura. E marca Dany Mota manco volesse spaccare il mondo.
La risposta di Nesta
Sul versante monzese, Nesta tenta di dare scacco matto inseguendo un unico obiettivo, a tratti perfettamente riuscito, nel suo 3-5-2: giocare un match assai disciplinato, rendere ogni possesso fangoso, mandando in tilt ai rivali il cuore pulsante della manovra. Castrovilli e Akpa Akpro scivolano tanto, col chiaro intento di aiutare Bianco, deputato a schermare tracce di passaggio interne. Associando il movimento delle due punte – Dany Mota e Caprari -, che si abbassano a fare densità centrale sottopalla. Un atteggiamento che si traduce calcisticamente nella voglia di imbrigliare Lobotka e Gilmour. Le mezzali di casa si spendono nell’aggredire le due principali fonti della costruzione partenopea, obbligate a lavorare dentro questo paesaggio tattico allucinante. In ogni caso, la risalita dal basso resta di qualità, con il doble pivote formula giusta trovata dall’alchimista Conte per tenere in equilibrio le variabili in uscita, nonché manipolare tempi e spazi agli avversari. In teoria, lo scenario ideale per esaltare le iniziative di McTominay, solitamente bravo a fare le vasche fra trequarti e attacco, approfittando del rapporto speciale con l’half space. Stranamente, nonostante manchi Anguissa, l’ex Manchester United anziché inserirsi alle spalle della mediana biancorossa, si abbassava per consolidare il palleggio. Finendo per intasare la zona nevralgica, e pestarsi i piedi con gli altri centrocampisti. Il Napoli capisce di essere entrato in un loop che non aveva messo in conto. Allora ci vuole pazienza, perché nessuno salta l’avversario diretto, creando momentanea superiorità numerica. Pure Politano non sgasa con la consueta leggerezza. E Lukaku domina a sprazzi nel duello con Caldirola, che però lo tiene fisicamente.
Cambiano gli scenari
Conte capisce che la deriva presa dalla partita – possesso a ritmo cadenzato ed esclusivamente perimetrale, senza alcuna speranza di imbucare – si sta dipanando in una trama inconcludente. Il cambio di Anguissa è funzionale a sfruttarne l’indole associativa. Inevitabile che i suoi strappi, in veste di “terzo uomo”, permettano di aprire un varco per sfondare a destra, sovraccaricando la catena costruita sull’asse Di Lorenzo-Politano. Esplorato con timidezza da Gilmour, portato a dialogare sul breve piuttosto che buttarsi dentro. Ma il Monza tiene con ordine le linee strette e corte. Ecco che col passare dei minuti la strategia si traduce nell’ingresso di Raspadori: non poteva esserci risorsa migliore per manipolare la trequarti offensiva, grazie a sensibilità tecnica e rapporto privilegiato con l’attrezzo. A quel punto s’è palesato il suo talento. Si smarca e riceve. Quindi, alza la testa e ricama un cross degno del compasso, ribaltando finalmente l’inerzia emotiva di una contesa diventata più dura rispetto alle aspettative della vigilia.
Turati salva dal naufragio i suoi con una parata mostruosa su Politano, prima che proprio Jack gestisca un pallone con una serenità quasi zen, stimolando McT con un assist dolcissimo, su cui lo scozzese svetta più alto del portiere, reattivo al pari di un centravanti famelico e predatorio. E segna il gol che potrebbe assumere proporzioni epocali se il campionato nel prosieguo dovesse andare poi in una determinata maniera. A vederla dal lato del Monza, la sconfitta diventa una punizione crudele, per mano di un Napoli non bello, però generoso. Tre punti che tengono ancora gli azzurri in corsa nella volata scudetto.
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