Nell’appassionato sprint per decidere chi si aggiudicherà lo scudetto occorre fare una premessa indispensabile: prima del match contro il Torino, il testa a testa tra Inter e Napoli, appaiate in classifica a pari punti (71), sembrava pendere tutto a favore degli azzurri. La Roma, infatti, aveva servito su un piatto d’argento il sorpasso, battendo i nerazzurri in evidente apnea, giunti alla terza sconfitta consecutiva tra campionato e Coppa Italia (mai successo nella gestione Inzaghi), e senza neppure un misero golletto a confortarne almeno parzialmente il morale. Avendo la squadra partenopea faticato non poco per battere il Monza, la scorsa settimana, appare evidente un dato inconfutabile. Il serbatoio di entrambe le contendenti si avvicina pericolosamente a segnare “rosso fisso”. Ne è consapevole pure Conte, che sa bene cosa ci vuole per vincere: carattere e personalità. Oltre a una insaziabile mentalità. In definitiva, bisogna raschiare il fondo del barile, sul piano fisico e mentale.
Per non alimentare equivoci il tecnico si muove sul filo di sottili equilibri, affinché si superi l’allarme scattato a Castelvolturno a poche ore dal fischio d’inizio: Raspadori, destinato a formare la coppia d’attacco con Lukaku in un 4-4-2 assai fluido, si accomoda in panchina causa attacco influenzale. Così, nell’ottica di accordare uomini e reparti, si torna al 4-3-3, con Politano a destra e Big Rom punto di riferimento avanzato. A completare il tridente offensivo, Spinazzola alto a sinistra. Del resto, il Napoli ha un marchio di fabbrica evidente: tutto è studiato alla perfezione per sfruttare tempi e spazi. In tal senso, va letta anche la scelta di risolvere l’ennesimo interrogativo a livello di formazione, concedendo fiducia a Buongiorno: un dilemma importante, visto che l’ex Toro era assente nelle ultime tre con Bologna, Empoli e Monza. Ripescato all’improvviso, in quanto profondo conoscitore delle distanze nella linea arretrata. Niente Olivera, dunque, candidato alla vigilia a doversi adattare nella insolita posizione di centrale. Tantomeno Rafa Marín, titolare per la prima volta in Serie A all’U-Power Stadium, dopo aver fatto praticamente tappezzeria in otto mesi.
La partita deliziosa dei centrali difensivi
Il pubblico di Fuorigrotta si gode l’ennesima prestazione orientata immediatamente al pressing in avanti, associato al palleggio insistito e di qualità. Poi arriva subito il carico del vantaggio siglato da McTominay, un gol di rapina su azione manovrata in bello stile sulla catena di destra. Il classico gioco di posizione, in cui Anguissa, Di Lorenzo e Politano ruotano, al punto da rimanere perfettamente connessi. E chiudono il cerchio di un giropalla perfetto. Decisivo lo scozzese, autore di una doppietta. Oggi ha indirizzato una gara comunque in alcuni momenti sofferta. Il raddoppio rappresenta un premio alla sua tenacia. Nonché alla scelta dello stesso Politano, sempre efficace e bello a vedersi, nel cercare con insistenza l’uno contro uno.
Nel primo tempo il Torino ha avuto con pochi acuti. La strategia predisposta da Vanoli immaginava di esplorare continuamente la profondità col lancio lungo di Milinkovic-Savic, saltando il centrocampo e andando direttamente su Ché Adams. Tentando di utilizzarne la fisicità per scardinare la retroguardia di casa, e produrre qualcosa di sostanzioso attraverso le seconde palle. Uno scenario di sacrificio che ha finito per esaltare Rrahmani e Buongiorno. In effetti, gli highlights non possono catturare il loro lavoro silenzioso ed esemplare nel cacciare i rimbalzi offensivi. Insomma, urge applaudire Conte, che ha ripescato dall’oblio il ragazzo del Filadelfia, lesto a farsi trovare pronto all’atto del bisogno.
Perfetta gestione di tutte le risorse
L’altro aspetto da incorniciare è come ha gestito il Napoli l’intero secondo tempo. Il Maradona si è stropicciato gli occhi con le giocate di Lobotka in cabina di regia. Il pivote slovacco detta il ritmo con sagacia, modulando l’intensità del palleggio. La sua pazienza consente ai compagni di rifiatare con il pallone tra i piedi. In questo contesto stasera ha ricevuto una grossa collaborazione dal subentrato Billing, che controlla l’attrezzo come se ce l’avesse incollato e disegna audaci traiettorie in verticale, tagliando letteralmente il campo in due. E come dimenticare il contributo di Lukaku nel tenere su la squadra: situazione difficile da tradurre in numeri; nondimeno in grado di abbassare costantemente la linea difensiva granata.
Gli ospiti hanno fatto una fatica mostruosa a rendersi veramente pericolosi, pur stazionando per buona parte della ripresa nella trequarti napoletana. Il merito va ascritto alla difesa posizionale ed al baricentro medio su cui Conte aveva deciso di attestare i suoi. Un approccio tattico capace di indirizzare i secondi 45’, chiudendo gli spazi e controllando le zone intermedie, così da non subire imbucate alle spalle. Ed al contempo, spingere il Toro sulle fasce. Da lì, attaccare la palla e sporcare le traiettorie interne di passaggio diventava semplice. Ecco come sono arrivati i tre punti che staccano l’Inter, E permettono a quattro giornate dalla fine il Napoli di mettersi a +3 sui nerazzurri.
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