La notte tra il 3 e il 4 giugno del 1798, Giacomo Casanova sospetta di dover morire. Il gentiluomo veneziano, mito vivente della seduzione, è ospite da tredici anni nel castello di Dux, in Boemia, dove il conte di Waldestein gli ha assegnato il ruolo di bibliotecario di palazzo. Dalle prime ore dell’alba una sequenza di indizi, che la sua intuizione mette in ordine, sembra annunciare l’avvicinarsi di un passaggio fatale. Un maggiordomo gli annuncia l’imminenza di una festa da celebrare per il giorno seguente senza fornire alcuna motivazione. Al castello sono attesi ospiti provenienti da tutta Europa, è necessario che Casanova ceda il suo appartamento per una destinazione più modesta. Due mesi prima Giacomo ha compiuto settantatré anni, ha festeggiato il suo compleanno brindando a se stesso con un calice di acqua gelata, riflettendo la sua immagine in uno specchio opaco che sormonta il camino del suo studio. Da quel giorno è ammalato. Adesso trascina la sua valigia attraverso i vasti corridoi del castello di Dux, dove riecheggiano i mille passi dei servitori che lo precedono, lo indirizzano, gli consegnano chiavi che non aprono alcuna porta. La febbre lo assale con zaffate di brividi che si alternano a vampate perentorie. Intorno alla mezzanotte Casanova entra in una camera completamente avvolta dal buio. La porta dietro di lui si chiude e malgrado le sue proteste non è più possibile riaprirla. La progressiva assuefazione alla penombra rivela la presenza silenziosa di donne enigmatiche. Giacomo cerca di scalfire il loro mutismo: motteggia, aggredisce, provoca. Accerchiato dal mistero inquisitorio delle singolari creature che lo circondano, Casanova nega di essere Casanova. Progressivamente si determina un’atmosfera da tribunale del giudizio definitivo. Ma quali sono i reati contestati? Quale sarà la pena? Perché Casanova rifiuta di rivelare il proprio nome? Chi è La Straniera che lo tortura e lo incalza con i suoi silenzi e le sue parole e che non vuole rivelare la sua identità?
La regia si muove su un binario onirico e senza tempo, costruendo un “luogo di confine” popolato da personaggi femminili apparentemente freddi ma pieni di carnale ambiguità. Il testo dà vita ad una velenosa, partita a scacchi in cui brilla l’identità di uno degli uomini più discussi, amati e denigrati del XVIII secolo. Il velo di seduttore vanesio che ricopre Casanova presso l’immaginario collettivo cade inesorabilmente e rivela un grande autore, un uomo che scrive con rarissima e affilata modernità, che ama le donne e ne incontra sessualmente un numero di gran lunga inferiore rispetto alla superficiale moltiplicazione attribuitagli. Soprattutto, Giacomo Casanova si manifesta attraverso la sua grande capacità di ascolto, l’assenza di ogni gelosia, la straordinaria inclinazione a scegliere creature che padroneggino la propria espressività erotica, e mirino ad un piacere esente da conflitti e limitazioni mentali borghesi. Il confronto con il mondo femminile nella stanza remota del castello di Dux innesca tenerezze e autoironie, mentre Casanova insegue, in quello che potrebbe essere l’ultimo appuntamento con la sua vita, l’idea di un se stesso che si realizza solo attraverso la condivisione del profondo con gli altri.
Ruggero Cappucci
CASANOVA
dell’infinita fuga
scritto e diretto da Ruggero Cappuccio
con Claudio Di Palma
voce delle donne Sonia Bergamasco
e con Emanuele Zappariello
Francesca Cercola, Viviana Curcio, Eleonora Fardella, Claudia Moroni, Gaia Piatti, Estelle Maria Presciutti
Maria Anzivino, Sara Lupoli, Marianna Moccia, Viola Russo – coreografie aeree FUNA
musiche Ivo Parlati
costumi Carlo Poggioli
progetto scenico Ruggero Cappuccio
aiuto regia e progetto luci Nadia Baldi
scenografi Paolo Iammarrone e Vincenzo Fiorillo
assistente costumi Simona Melini
direttore di scena Domenico Riso
datore luci Francesco Adinolfi
capo macchinista Nunzio Romano
fonico Pasquale Belfiore
sarta Gina Ferri
assistente regia volontario Marco Napolitano
foto di scena Ivan Nocera
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale