foto Antimo Piccirillo

Negli ultimi vent’anni il calcio sta vivendo una fase in cui a prendersi la scena non sono esclusivamente i fuoriclasse generazionali. Anche gli allenatori, almeno quelli capaci di cannibalizzare i contesti in cui lavorano, hanno raggiunto a pieno titolo lo status di assoluti protagonisti. Lo sanno bene all’ombra del Vesuvio, dove l’essenza stessa del Napoli sembra tutta nelle mani di chi si accomoda in panchina. Perciò Antonio Conte è al centro di ogni cosa riguardi gli azzurri. Talmente impattante sui destini di squadra e società, attraverso la definizione di un’identità legata non necessariamente solo al gioco, da caratterizzare un radicale processo teso al cambiamento.

Una immediata inversione di rotta rispetto alla gestione tragicomica del post scudetto: ha preso un gruppo alla deriva, completamente da rivitalizzare, che aveva mestamente terminato il campionato al decimo posto e l’ha riportato a lottare per lo scudetto, vista l’attuale posizione in classifica. Stiamo parlando di una esperienza totalizzante, quasi estrema per come e quanto l’Uomo del Salento abbia già inciso profondamente sulle fortune dei partenopei.

Ruolo totalizzante per Conte

Nondimeno, da qui a immaginare che possa costruire una dinasty, come in passato è riuscito a fare per esempio alla Juventus, ce ne corre. Ormai i flussi di mercato sono decisamente indirizzati dalla forza economica delle proprietà. Depotenziato il culto dei “mecenati”, che un tempo aveva profondamente influenzato molti club, fin (quasi) a sparire. Certo, esistono ancora dei presidenti che si espongono in maniera diretta. Ma oggi a quelli come De Laurentiis si sovrappongono merchant bank e fondi di investimento stranieri. Quindi assai lontani dalla nostra realtà (geograficamente e non). Così da aumentare a dismisura le disparità finanziarie tra i vari players. Specialmente quando sono estensione di uno stato sovrano. Per cui spesso e volentieri i risultati finali dipendono completamente dalla quantità di denaro investito per acquistare i giocatori; nonché pagargli gli stipendi.

La cosa paradossale è che in uno scenario simile l’incidenza di Conte è diventata sempre più vasta. Una leadership che non afferisce soltanto i compiti di campo. Un discorso più ampio, legato sì ai risultati, ma con un’indole squisitamente manageriale. Che tuttavia non si traduce nella figura del manager all’inglese, dove l’identificazione tra campo e scrivania diventa assoluta. Eppure, il lavoro dell’allenatore salentino è totalizzante: specialmente per come comunica con i media, oppure si rapporta con arbitri e avversari. Insomma, le funzioni che ha assunto – volto e anima del Napoli -, al netto di come finirà il testa a testa con l’Inter, rimane strategico.

Scelte e strategie utili alla causa

Non va trascurato poi un piccolo dettaglio. Finora il Napoli ha costruito una stagione di successo sul carattere monolitico del gruppo. Per cui, dal punto di vista tattico, ha dimostrato di saper funzionare a prescindere dagli uomini o dalle etichette “numeriche”. Conte era riuscito a integrare perfettamente nel suo calcio ordinato prima Kvaratskhelia, poi Neres. Magari il brasiliano è meno associativo rispetto al numero 77, preferisce interpretare il ruolo in maniera monotematica, puntando l’uomo e dopo arrivare sul fondo. Entrambi restano dribblomani ipercinetici, talvolta eccessivamente fumosi, di cui il tecnico aveva parzialmente imbrigliato le qualità migliori. Ovvero, strappare in conduzione e venire dentro al campo, per sovraccaricare il corridoio intermedio, integrandoli a perfezione con i movimenti dei compagni.

Anche per questo, non si può ignorare il significato e l’importanza di aver cambiato sistema, schierando il 3-5-2. Affidandosi a profili che garantiscono sufficienti garanzie sul piano tattico e della tenuta fisica. In grado di mantenersi sempre lucidi e attenti sugli esterni: Mazzocchi, Politano e Spinazzola, a vario titolo, sanno agire da laterali a tutta fascia; oltre a spendersi in ripiegamenti difensivi molto profondi. L’impegno senza palla è una delle loro principali prerogative. Ovviamente, sono scelte condizionate dalla contingenza. Gli infortuni stanno mettendo a dura prova le alchimie di Conte, che in ogni caso sta coinvolgendo un po’ tutti nelle rotazioni. Chissà che non sia proprio questa la strategia giusta per rimanere in scia della capolista nerazzurra fino alla fine.

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