foto Antimo Piccirillo

Sembra che Conte abbia finalmente sciolto gli ultimi dubbi circa formazione (e di conseguenza modulo) da opporre al Torino. Dovrebbe quindi essere un Napoli schierato con un sistema di gioco assai fluido, tale da consentirgli di attaccare comunque attraverso l’occupazione razionale delle corsie esterne e dei corridoi intermedi. Nonché, ricompattarsi efficacemente sotto la linea della palla, in virtù di sincronismi e scalate. Insomma, un po’ tridente offensivo, abbinato a tracce consistenti di 4-4-2. Del resto, per l’Uomo del Salento, i numeri sono una mera formalità; roba da fare impazzire i puristi della tattica.

In pratica, persistendo l’assenza di Neres, pare che contro i granata l’annoso dualismo per una maglia da titolare tra Raspadori e Spinazzola stavolta lo vinca Jack. Ovviamente, l’ex Sassuolo non è destinato a posizionarsi nello slot di esterno mancino. Sarà una squadra camaleontica, con Politano largo a destra, come da tradizione radicata nel tempo. E McTominay nell’insolito ruolo di “finto laterale”, che scivola come sempre nell’half space di sinistra, lasciando a Raspadori la libertà di spostarsi a sostegno di Lukaku. In fase di non possesso, invece, lo scozzese dovrà sobbarcarsi un surplus di lavoro, sacrificandosi in copertura su Linetty. Ma anche allargarsi ulteriormente rispetto alla zona di pertinenza, fino ad abbassarsi tanto, per assorbire le sovrapposizioni di Walukiewicz.

Due “is megl che uan”

Evidente l’intenzione di supportare Big Rom con due giocatori iperoffensivi: uno scenario assai ambizioso, che stuzzica la fantasia dell’allenatore. Voglioso sì di sperimentare, ma nient’affatto disposto a lasciarsi condizionare da cause di forza maggiore, sotto forma di infortuni. Al contempo, potrebbe cozzare con la necessità di costringere McT a calarsi in una realtà tattica a lui poco congeniale, non avendo le caratteristiche tipiche dell’esterno. A dare dunque un senso compiuto alle scelte di Conte, l’idea di mettere in campo un attacco atipico, basato su un uomo d’area di rigore, cui connettere una sorta di raccordo. Cioè un profilo che ama legare la manovra, accorciare verso i centrocampisti per aiutare a consolidare il palleggio. Innegabile che Raspadori preferisca questo genere di movimenti, piuttosto che aggredire la profondità.

Ecco, proprio questo è il contesto che intende esplorare il Napoli: lo smarcamento di Lukaku, funzionale a creare separazione dal marcatore, venire all’indietro per ricevere palla e poi favorirne la progressione con la sponda. Mentre chi lavora alle spalle del numero undici si inserisce, insinuandosi nelle maglie di una retroguardia distratta dal trigger attivato dal “lungo-corto” del belga. Non uno, allora, bensì due offensive player, sulla trequarti. D’altronde, chi ha visto le partite dei partenopei sa benissimo che l’indole da Braveheart di McTominay gli permette di mettere in fila una serie di soluzioni improntate a sostanza e qualità. Un ibrido perfetto, architetto e finalizzatore insieme. A volte gli basta una scintilla, perché si inneschi come una vampata, producendo un impatto devastante nei flussi di gioco sviluppati dagli azzurri.

In definitiva, Conte convive volentieri con la presenza di due profili tanto duttili quanto efficaci, in grado di garantire grande utilità all’interno del suo calcio posizionale. Perciò se li tiene stretti, consapevole che possano magari decidere il match contro il Torino.

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