foto Antimo Piccirillo

Per l’ennesima volta il lunch-match è indigesto al Napoli. Il Venezia ha agitato i fantasmi di una gara che qualcuno pensava fosse semplice e invece si rivela come la più classica delle trappole. Una considerazione che rimane comunque marginale una volta che scorrono i titoli di coda, e saranno solo un ricordo le difficoltà degli ospiti, a tratti zavorrati da errori in costruzione. L’atteggiamento degli arancioneroverdi, infatti, sembrava fatto apposta perché gli avversari giocassero contratti. Perciò, talvolta, gli azzurri hanno dato l’impressione di girare a vuoto, soffrendo oltremodo la mancanza degli spazi. Nonché i cambi campo, con cui i veneziani connettevano i quinti. Dando vita a un duello simmetrico lungo le fasce: ZerbinSpinazzola ed EllertssonPolitano.

Volendo soffocare subito un Napoli schierato a specchio, Di Francesco orienta i suoi sull’uomo, con la precisa intenzione di alzare l’intensità del pressing e schiacciare il dirimpettaio nella propria metà campo. Quindi, con due centrali in parità numerica contro Lukaku e Raspadori, nel frattempo che Schingtienne rompe l’allineamento difensivo ed esce forte su McTominay, contrappone Duncan a Gilmour e Kike Perez traccia Lobotka. Stranamente, meno metodista del solito e più mezzala.

Venezia ordianto e ben disposto

Del resto, Conte aveva scelto la continuità. Dunque, il tradizionale 3-5-2 degli ultimi tempi. Anche se l’interpretazione del sistema è così fluida da permettergli di sviluppare il gioco in maniera non rigida. Abbiamo già accennato alla posizione occupata dal pivote slovacco. Ecco, la presenza del doppio play ha permesso di esplorare due specifiche situazioni tattiche, in prima costruzione e nella trequarti altrui. L’atteggiamento degli uomini di Di Francesco nella fase di non possesso era orientato alla difesa posizionale ed alla chiusura di ogni spazio. Allora, per tentare di dilatare le distanze tra i reparti, specialmente nella risalita dal basso, a turno, mentre Buongiorno e Rrahmani si allargavano, uno tra Lobotka e Gilmour accorciava verso Meret, per riceverne lo scarico in tutta sicurezza.

In teoria, questa giocata avrebbe dovuto favorire la progressione del palleggio, attirando in avanti il Venezia, e liberando linee di passaggio in verticale verso Lukaku. Una situazione mai riuscita, quella di far collassare all’indietro la struttura difensiva, vista l’ottima disposizione sottopalla predisposta da Di Francesco. Inevitabile, a quel punto, esplorare la soluzione diretta sul centravanti belga, per risalire velocemente il campo, fargli proteggere il pallone e servirlo poi a rimorchio. Vero è che i veneziani accorciavano con sacrificio e abnegazione, senza tuttavia rimanere piatti. Le necessarie coperture consentivano di non rischiare alcunché, schermando il centro con Nicolussi Caviglia. Ed il resto della squadra scivolava in ampiezza da un lato all’altro, prendendo tenacemente l’avversario di riferimento.

Raspadori sugli scudi

A decidere certe partite, è risaputo, sono i dettagli; oltre alle letture individuali. Dall’impasse se ne poteva uscire solamente con un colpo di genio. Tant’è che a inclinare la deriva della gara a favore dei partenopei poteva contribuire la facilità con cui arrivavano nella trequarti altrui sull’asse costruito attorno a Raspadori. Un tratto identitario, le ricezioni dell’ex Sassuolo. Per l’intero primo tempo i padroni di casa non sono riusciti a impedire le sue scorribande interne ed il conseguente sovraccarico tra le linee.

Il Venezia ha sofferto la mobilità di Jack, specchietto per le allodole, che alternava movimenti da seconda punta pura, posizionandosi sotto Lukaku, a tagli interno-esterno (o viceversa) dalle parti di Idzes o Candé. Evidente l’intenzione di spostarli da quella zona. Porre le condizioni affinché in quello spazio si inserisse McTominay, a capitalizzare i suoi movimenti. Peccato che nella ripresa il Napoli abbia completamente abbandonato la ricerca di questa soluzione specifica.

Gli uomini di Conte si riappropriano momentaneamente del primo posto, in coabitazione con l’Inter, aspettando lo scontro diretto di stasera tra nerazzurre. Sperando che l’Atalanta fermi la capolista, dando vita ad un mini-campionato in cui bisognerà giocarsela a tre, partendo alla pari. Ma il misero punticino non restituisce che un pizzico di morale. Magari il pareggio strappato in laguna genera più rammarichi che dubbi, al fischio finale. E conforta poco ricordare che il migliore in campo sia stato il portiere Radu.

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