foto antimo piccirillo

E’ innegabile che ormai l’Atalanta abbia rilanciato prepotentemente la sua candidatura in chiave scudetto, nonostante sabato si sia impantanata col pareggio interno contro il Venezia, perdendo clamorosamente la chance di avvicinarsi alla vetta. Tuttavia, pensare agli orobici in termini di outsider, tanto in Serie A quanto in Europa, è davvero riduttivo. A Bergamo ormai si sono comodamente accomodati al tavolo dell’aristocrazia. Almeno nel campionato italiano. Un rango acquisito anche in virtù della storica vittoria dell’Europa League, l’annata passata.

Insomma, la lungimirante famiglia Percassi può tranquillamente continuare a pensare in grande, insediando Napoli e Inter per la vittoria dello scudetto; nonché, aspirare a fare ancora tanta strada in Champions. Perciò non deve sorprendere più di tanto la dimensione eccezionale raggiunta negli ultimi dieci anni, mettendo in mostra un particolare tipo di calcio. In questo momento, i nerazzurri sono giunti all’apice di un percorso eccezionale. E per l’ennesima volta stanno dando una conferma importante: la centralità del “manico” che si accomoda in panchina. Circostanza che non rappresenta affatto una novità per gli estimatori di Gian Piero Gasperini.

Aggressività e marcature individuali

Il suo arrivo sulla panchina della Dea ne ha cambiato innegabilmente la storia, dando vita ad un progetto di crescita a medio/lungo termine che non ha eguali. Almeno alle nostre latitudini, dov’è consuetudine l’esonero all’insorgere delle prime difficoltà. Indubbio che il tecnico sia al centro di ogni evento e abbia saputo plasmare, e dopo perfezionare, l’Atalanta nell’arco delle stagioni, nonostante i cambiamenti in organico: sostanzialmente, ruotano gli uomini, però l’identità ed i principi di gioco restano invariati.

Sin troppo semplicistico, allora, etichettare il suo piano-gara fortemente orientato alla ricerca incessante degli accoppiamenti e sui duelli individuali in ogni zona. Mentre sarebbe più corretto sottolineare che difende a uomo nella zona. Questo significa che i giocatori si scambiano l’avversario se c’è tempo, altrimenti lo seguono, non lasciandolo mai. In quanto si trovano a difendere ampie porzioni di campo senza l’ausilio di compagni in copertura. L’obiettivo rimane quello di esercitare pressing ultra-offensiva. E poi sfruttare l’inerzia, alzandosi tantissimo per riconquistare immediatamente il pallone, ad altezze tali da innescare una rapida transizione. Ovvio che in questo scenario tutti abbiano una conoscenza approfondita della tattica individuale, affinché la squadra lavori per risolvere gli uno contro uno, gestendo in modo capillare le situazioni che si verificano durante la gara.

Il tecnico ha sviluppato dei trigger specifici, che innescano l’aggressività costante e coordinata dei suoi uomini. In primis, la capacità di leggere e decodificare il contesto. Per cui, a livello personale, ciascuno esce in pressione con l’idea di mettere in ombra l’avversario diretto, senza permettergli di ricevere comodamente. Cercando addirittura l’anticipo, se questi scoprisse avventatamente la sfera. A livello collettivo, invece, i bergamaschi scalano in avanti, chiudendo sugli appoggi. Oppure scappano, a seconda che gli attaccanti altrui stiano gestendo una palla libera o coperta.

Modello virtuoso da imitare

Chiaro che se il principio ispiratore è mantenere il contatto col riferimento diretto, bisogna essere decisamente ben organizzati. Avere cioè una massiccia dose di sincronia per prendere posizione, sostenendo al contempo una efficace uscita, perché il pericolo di disallineamenti che possano creare varchi tra i reparti è sempre dietro l’angolo. Questo atteggiamento impone un approccio dispendioso, sul piano tattico ed emotivo, per ottimizzare la copertura degli spazi, garantendosi i giusti equilibri sottopalla. L’allenatore, infatti, pretende un inevitabile surplus in termini di concentrazione e applicazione, dovendo sopportare continue interazioni con l’uomo da marcare.

Se Gasperini ha influenzato maggiormente questo stile, diventato il vero tratto distintivo del calcio orobico, interpretando la fase difensiva sulla scorta di determinate caratteristiche, il solco tracciato dal tecnico dell’Atalanta sicuramente ha affascinato altri colleghi, stimolati a percorrere la stessa via, sia in Italia che in Europa. Una scelta funzionale a non subire passivamente il palleggio avversario, bensì ragionare sulla riconquista. Occorre aggiungere che questo ciclo meraviglioso trascende la mera impostazione tattica. I risultati, dunque, pur avendo un peso enorme nella valutazione del suo lavoro, ne costituiscono solo una parte; al tempo stesso, non va trascurato il riflesso squisitamente “politico”: la creazione del brand-Atalanta. Ovvero, un modello riconoscibile, che ha permesso al club di cambiare radicalmente il suo status: da provinciale a “big”.

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