“Una vittoria di tutti, una sentenza pilota destinata a fare storia non solo in Italia ma anche in Europa”. Così i promotori del ricorso presentato in Europa sulla situazione della terra dei Fuochi hanno parlato a Roma della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che ha condannato l’Italia per non aver difeso la popolazione dai rischi. Doveva esserci anche Don Patriciello, ma si è ammalato e ha mandato un videomessaggio in cui parla di “sentenza spartiacque” e del fatto che “adesso non bisogna fermarsi”. C’era però Salvatore Tramontano, tra i promotori del ricorso: “Abbiamo atteso 10 anni – ha detto – Questo è un punto di partenza, ora non possono più dire che siamo dei visionari”. L’avvocato Ambrogio Vallo, che ha aiutato a presentare i ricorsi, ha spiegato che “nel 2003 è stato coniato il nome Terra dei Fuochi dopo un censimento di Legambiente su 100 discariche in quell’area, con i rifiuti industriali delle città del nord che venivano intombati nei nostri territori. Nel 2012 fu presentata la prima maxi querela con 35mila sottoscrizioni che denunciava lo stato di abbandono del territorio. Fu inascoltata. Il 5 ottobre 2013 ci fu una marcia a Caivano con 20mila persone marcia, ma un mese dopo, a Napoli, eravamo 100mila. Ci dicevano che avevamo noi unostile di vita sbagliato. Oggi l’importanza delle nostre lotte, perchè la lotta è venuta dal basso, è stata riconosciuta nella sentenza”. Ad assistere gratuitamente i ricorrenti anche l’avvocata Valentina Centonze: “Vengo da Acerra che è fortemente colpita dall’inquinamento ambientale e ha una fortissima incidenza di tumori. La condizione di degrado ambientale e inquinamento e pericolo imminente e concreto per la comunità ad oggi non è ancora cessato. La Corte chiede interventi strutturali, bonifiche, monitoraggio e perimetrazione servono col la presenza delle associazioni. Ci sono, dati 2019, 4692 siti inquinanti, solo il 3% è stato bonificato e sono 98 i comuni coinvolti”. Da Strasburgo si è collegata l’avvocata Antonella Mascia, giurista alla Cedu: “Questo risultato è il frutto di un lavoro corale per un impegno comune. E’ stata accertala la violazione dell’art 2 della convenzione dei diritti dell’uomo che garantisce il diritto alla vita. Ora l’Italia ha due anni di tempo per intervenire con misure concrete e chiede il coordinamento tra le varie autorità sul campo, comprese le associazioni”. Soddisfatto anche Vincenzo Petrella, rappresentante dell’associazione volontari anti roghi di Acerra: “Noi eravamo considerati i sobillatori, i rivoluzionari. Abbiamo sorvegliato il nostro territorio per contrastare roghi tossici e sversamento dei rifiuti, abbiamo mappato, denunciato, spesso non ascoltati. I roghi tossici ci sono ancora, non ci basta che sono in diminuzione. La politica spesso ha nascosto la verità, qui da noi il ‘chi inquina paga’ non esiste. E ci siamo dovuti rivolgere all’Europa per sentirci dire quello che sapevamo già. Vogliamo delle risposte. Adesso non possono più non vedere”.