“La coscienza di Zeno” di Italo Svevo è uno dei capolavori della letteratura italiana. E’ sempre un rischio portarla in teatro. I paragoni col passato sono spesso imbarazzanti.
Poi c’è la necessità di cambiare qualcosa per non essere accusati di aver copiato.
Nelle note di regia Paolo Valerio ha voluto immediatamente indicare la novità che lui ha voluto portare.
“Ho affrontato questo lavoro privilegiando fortemente la narrazione di Svevo: ho voluto racchiudere in questa esperienza teatrale alcune pagine che trovo straordinarie, indimenticabili, costruendo un altro Zeno accanto all’Io narrante. Quindi Zeno si racconta e si rivive attraverso il corpo di un altro attore. Zeno ci rivela l’inciampo, l’umanità… E anche il personaggio di Alessandro Haber s’intreccia a questa inettitudine e talvolta, durante lo spettacolo, si sovrappone l’uomo all’attore, per sottolineare l’originalità della vita”.
Il “trucchetto” ha funzionato, la storia, di per sé abbastanza “pesante” è scorsa va rapida, veloce. Alessandro Haber è stato padrone assoluto della scena, del resto un attore come lui era una garanzia. Ma hanno funzionato bene tutti i personaggi.
Intrigante la scenografia. Non era semplice, ma la soluzione trovata da Marta Crisolini Malatesta è stata intelligente, Senza grandi movimenti è riuscita a creare la giusta atmosfera.
Il lavoro è apparso piuttosto monocorde, senza acuti. Però l’abilità di regista ed attori è riuscita a tenere l’attenzione del pubblico sempre al massimo.
Giusto anche racchiudere il lavoro in un solo atto, della durata di poco più di un’ora e mezzo. Alla fine gli applausi del pubblico hanno sancito la riuscita del lavoro. Non era semplice viste le premesse.

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