Il 17 aprile 1996, 19 membri del Movimento dei lavoratori senza terra o MST vennero uccisi dalla polizia militare statale del Pará sull’autostrada PA-150 nel comune di Eldorado do Carajàs nel sud del Paese. Queste persone stavano partecipando a una manifestazione che chiedeva l’appropriazione federale di un ranch privato in cui il movimento aveva montato un campo chiamato “Macaxeira” con quasi 3000 famiglie. Su ordine del segretario di stato della sicurezza pubblica, Paulo Sette Câmara, alla polizia fu ordinato di liberare l’autostrada “ad ogni costo“.
Parte da questo fatto storico il racconto di Antigone in Amazonia, l’opera in scena per due giorni al Mercadante. Lo spettacolo è l’ultimo capitolo della ‘Trilogia degli Antichi Miti’ del regista Milo Rau iniziata con ‘Orestes in Mosul’, nell’ex capitale dello Stato Islamico, seguita dal film su Gesù, ‘The New Gospel’ nei campi profughi dell’Italia meridionale.
Non entriamo nel merito della denuncia fatta da Rau. Qui ci limitiamo a recensire il suo lavoro. Per la critica internazionale il 43enne regista è ‘il più premiato’ (Le Soir), ‘il più interessante’ (De Santdaard) e ‘il più ambizioso’ (The Guardian) artista dei nostri tempi. Indubbiamente si tratta di un lavoro ben fatto, moderno, al di là dei contenuti, nella sua forma. Oltre ai 4 attori impegnati sul palco ci sono tante comparse che appaiono in una sorta di film mostrato su uno schermo che di tanto in tanto viene abbassato. E non si capisce neanche se si tratta di attori o dei protagonisti della vicenda. Certamente è stata rifatta la scena del massacro, quella su cui gira il lavoro di Rau. In alcuni momenti le due immagini, quella dello schermo e quella del palco, ripropongono la stessa scena, anche se si fa fatica a capirlo.
L’unico problema vero è che il lavoro è in portoghese, la lingua parlata in Brasile. C’è una traduzione in italiano ed in inglese, ma questo ovviamente è un problema. Spesso per capire cosa stanno dicendo lo sguardo viene proiettato in alto, e si perde il movimento. In questo modo non si capisce neanche chi sta parlando. Inoltre non tutti parlano alla stessa velocità, il che comporta anche differenti tempi di lettura.
In ogni caso si tratta di un lavoro che attira l’attenzione del pubblico. Pubblico rimasto in silenzio per quasi un’ora e tre quarti, attento per non perdere nulla. Ed alla fine è esploso in un applauso convinto.